L’evoluzione del content marketing nell’era dell’AI generativa
Quando ho commencé a scrivere di marketing digitale, l’idea di produrre contenuti su larga scala e, allo stesso tempo, altamente personalizzati sembrava quasi un ossimoro. Nel 2025, con l’intelligenza artificiale generativa, questa apparente contraddizione è diventata il cœur delle strategie più efficaci. Non si tratta più di “se” usare l’AI, ma di “come” integrarla in modo intelligente, etico e sostenibile.
In questo articolo voglio condividere come utilizzo (e vedo utilizzare dalle aziende più avanzate) l’AI generativa per creare contenuti di marketing scalabili e personalizzati, senza perdere autenticità né qualità.
Cosa intendo per contenuti scalabili e personalizzati
Quando parlo di scalabilità, mi riferisco alla capacità di:
- produrre grandi volumi di contenuti;
- pubblicare su più canali (sito, blog, social, newsletter, ads);
- aggiornare rapidamente i materiali in base ai dati e alle performance.
Per personalizzazione, invece, non penso solo al classico “Ciao [Nome]” in una mail, ma a:
- messaggi, esempi e argomenti adattati a segmenti specifici di pubblico;
- contenuti dinamici che cambiano in base al comportamento utente;
- esperienze diverse in funzione del momento del customer journey.
L’AI generativa è precisamente lo strumento che mi permette di tenere insieme queste due esigenze: creare molto, in fretta, ma con una finezza di targeting che fino a pochi anni fa richiedeva team interi di copywriter, analisti e designer.
La nuova “catena di montaggio” dei contenuti con l’AI
Nel 2025 non uso più l’AI come un semplice “assistente di scrittura”, ma come un vero e proprio layer infrastrutturale nella catena di produzione dei contenuti. In pratica, organizzo il lavoro in fasi.
1. Ricerca e analisi dei dati
Invece di passare ore a leggere report e fogli Excel, affido all’AI la prima scrematura. Le faccio:
- analizzare le performance dei contenuti esistenti (CTR, conversioni, tempo sulla pagina);
- identificare gli argomenti che generano più engagement per ciascun segmento;
- mappare le domande più frequenti dei clienti (da FAQ, chatbot, ticket di supporto, social).
Questo mi permette di definire un piano editoriale già allineato ai bisogni reali del pubblico, invece di basarmi solo sull’intuizione.
2. Ideazione e pianificazione
Una volta chiariti i dati, utilizzo l’AI generativa per trasformarli in:
- idee di articoli di blog e pillar content;
- cluster di contenuti per diversi verticali o buyer persona;
- varianti di angolazioni per campagne social e campagne ADV.
L’AI mi propone decine di idee, che poi filtro, arricchisco e organizzo in un calendario editoriale. Il mio ruolo passa dall’essere “autore singolo” a “direttore creativo” che orchestra il lavoro del modello.
3. Generazione delle bozze
Per ogni contenuto, preparo dei prompt estremamente dettagliati, con:
- tono di voce del brand;
- obiettivo del contenuto (lead, awareness, engagement, upsell…);
- pubblico di riferimento e livello di conoscenza del tema;
- formato finale (articolo lungo, post LinkedIn, script video, DEM, landing page).
In pochi secondi ottengo una prima bozza che non è mai “definitiva”, ma rappresenta una base strutturata su cui intervenire. Questo mi libera tempo ed energie per concentrarmi su ciò che l’AI non sa fare bene da sola: inserire esperienza sul campo, casi reali, opinioni, posizionamento.
4. Personalizzazione per segmenti
Qui entra in gioco la vera potenza della scalabilità: da una bozza “madre” genero molte versioni “figlie”, pensate per:
- settori diversi (es. retail, sanità, finanza);
- ruoli diversi (CEO, marketing manager, IT, HR);
- fasi del funnel (scoperta, valutazione, decisione, retention).
Invece di riscrivere tutto da zero, faccio adattare il contenuto all’AI, specificando cosa cambiare: esempi, casi d’uso, livello di tecnicità, CTA finale. In questo modo, mantengo coerenza di messaggio, ma aumento nettamente la rilevanza percepita dal destinatario.
5. Ottimizzazione continua
Una volta pubblicati i contenuti, uso strumenti di AI per monitorare:
- quali varianti performano meglio su ciascun segmento;
- quali messaggi generano più conversioni;
- dove gli utenti si fermano o abbandonano la lettura.
Con questi dati, rientro nel ciclo: aggiorno i prompt, rigenero parti dei contenuti, testo nuove versioni. La produzione diventa un sistema vivo, iterativo, sostenuto dall’AI ma guidato da obiettivi di business chiari.
Esempi concreti di utilizzo nel marketing quotidiano
Per non restare nel teorico, voglio entrare in alcuni casi d’uso che vedo funzionare davvero nel 2025.
Email marketing ipersegmentato
Partendo da pochi template base, utilizzo l’AI per generare:
- subject line ottimizzate per segmenti e micro-segmenti;
- versioni diverse dello stesso messaggio in base agli interessi degli utenti;
- sequenze automatizzate che si adattano ai comportamenti (aperture, clic, acquisti mancati).
Il risultato è un tasso di apertura e di risposta decisamente superiore a quello delle campagne “one-size-fits-all”.
Landing page dinamiche
Grazie a integrazioni tra CRM, CDP e modelli generativi, posso servire contenuti diversi sulla stessa landing, in tempo reale, cambiando:
- headline e sottotitoli;
- testimonianze mostrate (per settore o dimensione aziendale);
- benefici messi in primo piano.
Una persona che lavora in una PMI vede un messaggio diverso da chi lavora in una grande impresa, pur atterrando sulla stessa URL. L’AI genera e testa continuamente varianti, mantenendo però il perimetro definito dal brand.
Social media e contenuti snack
Partendo da un unico long form (per esempio, un white paper o un articolo approfondito), faccio generare all’AI:
- thread per X (Twitter) con estratti chiave;
- post per LinkedIn con taglio più B2B e orientato al valore;
- script brevi per video verticali (TikTok, Reels, Shorts);
- caroselli per Instagram con copy sintetici e call to action chiare.
La mole di contenuti che posso produrre da un’unica fonte cresce esponenzialmente, senza moltiplicare il tempo impiegato.
Come evitare contenuti generici e “tutti uguali”
Se c’è una critica che sento spesso sull’AI generativa è: “i contenuti sembrano tutti uguali”. E in parte è vero, se ci si limita a usare i modelli in modo superficiale. Nella mia esperienza, ci sono alcune pratiche fondamentali per evitare questo effetto.
- Definire un tono di voce preciso: inserisco nei prompt esempi di testi esistenti del brand, con indicazioni chiare su ritmo, registro, lessico permesso e vietato.
- Aggiungere sempre esperienza umana: casi di studio reali, aneddoti, errori fatti, dati interni non pubblici. Sono elementi che l’AI non può inventare con credibilità.
- Personalizzare i prompt per il contesto: non riutilizzo sempre lo stesso prompt generico; lo adatto a obiettivo, canale, target e fase del funnel.
- Curare l’editing finale: mi prendo il tempo di leggere, tagliare, spostare paragrafi, inserire transizioni. L’editing umano resta il vero elemento differenziante.
Solo così l’AI smette di essere un “generatore di testo” e diventa davvero una protesi creativa.
Etica, trasparenza e fiducia: aspetti non negoziabili
C’è un punto che nel 2025 non posso permettermi di ignorare: la trasparenza nell’uso dell’AI. I consumatori sono sempre più consapevoli e sensibili su questi temi. Per questo considero fondamentali alcuni principi.
- Non ingannare l’utente: se un contenuto è stato generato in parte con l’AI, non lo presento come se fosse frutto di un’esperienza che non ho.
- Verificare i fatti: i modelli possono “allucinare” dati o citazioni. Ogni informazione critica per la decisione d’acquisto va controllata.
- Proteggere i dati personali: utilizzo solo dati aggregati o pseudonimizzati quando creo segmentazioni e personalizzazioni con l’AI.
- Rispettare il brand e il contesto: evito di delegare totalmente all’AI temi delicati (sanità, finanza personale, legale) senza supervisione di esperti.
In gioco non c’è solo la performance di una campagna, ma la credibilità complessiva del brand nel tempo.
Come prepararsi operativamente nel 2025
Per chi vuole passare dall’esperimento isolato a un uso sistematico dell’AI generativa nel marketing, vedo alcuni passi pratici indispensabili.
- Mappare i flussi di contenuto: capire dove l’AI può portare più valore (email, blog, ADV, social, supporto, onboarding…).
- Standardizzare i prompt: creare librerie di prompt ottimizzati per i diversi casi d’uso, da affinare nel tempo.
- Formare il team: copywriter, marketer e venditori devono imparare a lavorare con l’AI, non a subirla.
- Integrare gli strumenti: collegare piattaforme di AI al CRM, al CMS, agli strumenti di analytics, per chiudere il cerchio dati → contenuti → risultati.
- Stabilire policy interne: decidere cosa si può automatizzare, cosa richiede review umana, quali sono i limiti etici e legali.
A quel punto, l’AI generativa smette di essere un gadget da testare nel tempo libero e diventa un vero asset strategico per creare contenuti di marketing scalabili, ma profondamente umani nella loro rilevanza e nel loro impatto.
